Di come scrivere per tante ore filate e far restare l’inchiostro dolce

Di come scrivere per tante ore filate e far restare l’inchiostro dolce

Per scrivere tanto (e bene) basta essere organizzati (?)

Fare la raccolta differenziata degli impegni e congelare umori, tendenze, emozioni e sentimenti. Cristallizzarsi in un modello e dividere il da farsi nei vari contenitori. Come quando fai la spesa e anche se la busta si rompe tu vai avanti perché sai che devi per forza andare avanti. E poi arrivi e rovesci sul tavolo un’accozzaglia di prodotti. E guardi il pacco più triste dell’insalata che hai trovato e ti chiedi se non sarebbe stato meglio comprare caramelle invece di ravanelli.

Basta questo? Forse no. Però c’è una cosa che se c’è tutto diventa più facile. Un po’ come la farina che ha dentro già il lievito e allora è più semplice far prendere forma alle tue parole, con dolcezza, senza forzature.

Soddisfazione è il suo nome commerciale. Se c’è soddisfazione l’organizzazione, anche la più ferrea, non sembra uno stridio di unghie, che si arrampicano sugli specchi per vedere un barlume di appagamento. Se si trae soddisfazione da ciò che si fa allora il dado è tratto: si tratta a quel punto di stendere la tabella di marcia della traversata del Rubicone ma tutte le ore impiegate, per quanto rubate a piacevoli sguazzate nel dolce far niente, ti sembreranno comunque le ore non solo meglio usate ma anche più gradevoli a usarsi.

Sembra zucchero ma non è

Ma non è tutto zucchero quello che luccica. Anche se luccica dal bordo di un bicchiere di Martini. A volte occorre saper essere soddisfatti anche del dolcificante. Questo succede tutte le volte che quando pensi alla minestra che ti tocca mangiare ti viene da pensare che la finestra, in fondo, poi non è tanto male. Ma con questo dolcificante, per fartelo davvero piacere, cosa puoi fare? C’è un verbo speciale che ti può aiutare: preservare.

Quella macchina color pastello dentro te che reclama sogni e fila, come zucchero sui bastoncini, nuvole di progetti. Quello è il tesoro che devi difendere, la tua rocc(i)a, la torre incastonata di dolci che sembrano perle. Perché, per te, la scrittura è come per l’ostrica la perla.

Qual è il tuo palliativo contro la scrittura quando scrivere diventa quasi… Alienante?
Qual è, nel tuo esercitare il mestiere più antico del mondo (lo scribacchino!), il tuo dolcificante?
E la tua macchina di sogni filati è ancora ben funzionante?

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi imbattei in una foresta nera

Quando sei piccolo piccolo e ti siedi per terra, a gambe incrociate, con sopra le gambe i grandi libri di fiabe, qualche volta succede che i libri li metti al contrario e leggi una storia che non c’è. Ma che avrebbe potuto esserci.

I tuoi “c’era una volta (che puoi completare con “uno scrittore”, “un web writer”, “un astronauta”, “un prestigiatore”…) abitano lì, in quella casa di marzapane che a volte, l’impulsività della freschezza, l’appetito, cieco, dell’ambizione famelica, possono distruggere senza neanche volerlo e capirlo davvero. Per questo, di tanto in tanto, ti mascheri da strega: perché arcigna provi a difendere i cuccioli di sogni (nel lago d’inchiostro) affinché diventino cigni da brutti anatroccoli.

Com’è la tua casetta di marzapane ideale? Quali scritti, da leggere e da realizzare, sarebbero travi?
Nel cammino nella foresta nera della scrittura ti sei mai fatto… Traviare? Che cosa ti ha fatto allontanare e che cosa ti ha fatto ritornare?

10 pensieri su “Di come scrivere per tante ore filate e far restare l’inchiostro dolce

  1. La casetta di marzapane io (come credo moooolti altri) me la immagino tutta colorata e piena di dettagli dai sapori diversi.

    Della stessa varietà vorrei che fosse la mia casetta ideale, tronfia di cose diverse e perché no, anche di scritti travi.
    Anche quelli? Ma si dai, in fondo ci può stare che tra tutti dolcetti che vai ad assaggiare qualcuno ti “sconfinferi” un po’ meno.

    La mia idea iniziale per esempio, da qualche tempo ha perso un po’ di quel colore della casetta perfetta ed è diventata quasi un mono-gusto, quindi ho preso il libretto delle ricette e ho deciso di cominciare a proporre delle varianti più o meno speziate, provando anche ad incrociare con quei dolcetti più strani.

    Mi ci vorrà un po’ per equilibrare i sapori, ma spero che a breve un piccolo menu potrà essere pronto per l’assaggio.

    Tornando alle domandine, non ho quindi (ancora) una lista degli scritti travi insomma, forse perché da quando mi sono dovuto ingegnare per il famoso tozzo di pane la mia propensione al farmi deviare è aumentata un pochino.
    Mi sembra a volte di essere il buon capitano di una nave alla ricerca però del tesoro del pirata cattivo che ti offre la soluzione a tutti i quesiti. Le condizioni del lavoro (almeno qui da noi) influiscono purtroppo e fin troppo su certi parametri decisionali.

    Come direbbe il buon @benedettomotisi sono al filo del confine con i Sith.
    Spero solo di non farmi affascinare (sempre) da certe opportunità e di trovare se non la via del ritorno, almeno un sentiero di mezzo decentemente battuto.

    PS: come per la storia sulla felicità, appena potrò tornerò a disturbare anche con questo 🙂

    1. Ma tu lo sai che secondo me hai proprio sbagliato nick?
      Un commento così, brillante, divertente, interessante, non può che essere prodotto da mani tutt’altro che pigre!
      Hai suggerito delle immagini così carine…

      Siete troppo bravi, lettori: dovrò fare dei post solo coi vostri commenti!

  2. Le tue domande mi mettono in difficoltà perché non so rispondere 🙂

    Non ho palliativi: se diventa alienante la scrittura, non scrivo.
    Il dolcificante, forse, è quando la storia prende piede o quando riesco a finirla.

    La macchina di sogni filati funziona, ma rischia di arruginire 🙂

    Non so come sia la casetta di marzapane, perché non credo di aver capito che intendi 😀

    Mi sono allontanato dalla scrittura forse nel ’98, più o meno – una data che ha segnato un cambiamento grande nella mia vita – per poi riprendere nel 2002, ma in modo incostante fino al 2008.

    1. A me piace mettere in difficoltà le persone, si sa.
      Perché le difficoltà, o almeno certe difficoltà, sono come il fuoco: saggiano gli animi.

      Come mai la macchina rischia di essere deturpata dalla ruggine? Non sarà che i sogni li fili ma poi non li mangi? 🙂

      Per quanto riguarda il tuo ’98… Trovo sempre interessante capire quando e perché ci si allontana da ciò che si ama. Ognuno ha motivi diversi e i motivi che ci fanno allontanare da ciò che siamo, anche se “solo” temporaneamente, credo parlino di noi.

  3. Lo zucchero in casa mia non manca mai, se non fila si va di miele, che quello fila sempre e si appiccica per bene. Il dolcificante è finire di scrivere una scena e aver voglia di iniziare quella dopo. Il palliativo è il blog. Il mio, il tuo, e tutti gli altri.

    1. Già mi immagino pentole piene non di occhi di tritone, come magari la strega di Hansel e Gretel, ma di caramello.
      Perché dà lucentezza e resta morbido e manipolabile il tempo giusto per essere plasmato a proprio piacimento.
      E poi? Poi diventa duro. Perché sì, arriva un momento in cui bisogna essere assolutamente saldi nei propri propositi.

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