Scrittura in erba (come, a partire da una pianta, creare una foresta)

scrittori in erba

Le carote e le patate sono interessanti perché crescono sotto terra. Così magari tu passi di lì e neanche ti accorgi della loro presenza. Eppure loro sono già lì. Esistono, eccome se esistono.

Lo stesso accade dentro di te.

Non importa se ancora non hai scritto davvero, se tutte le bozze sono accatastate nella tua testa e formano un mucchio su cui anche i sogni se ne stanno a dormicchiare. Anche se resti all’ombra di alberi antichi che non hai il coraggio di sdradicare anche quando andrebbe fatto, anche se resti rintanato in un angolo, anche se non sei (ancora) venuto alla luce, non importa. Le tue parole stanno crescendo nel sottosuolo come le memorie e un giorno ti ricorderai di questo momento e forse ti pentirai molto di più delle parole che non hai lasciato sbocciare che di quelle che hai detto.

Bis-boccia: chi si diverte fiorisce due volte

Il gioco di prestare i propri panni e poi osservare qualcuno camminare dentro i nostri vestiti, con le nostre scarpe e vedere come gli altri lo vedono e se notano la differenza anche dal solo suono che fa la sua andatura. Un gioco divertente, sai? Se ti va puoi giocare anche tu. Qui a Calamo tutto è nato da una scommessa. Come quando sei da qualche parte con gli amici e allora una sfida diventa l’occasione per fare qualcosa che forse, in fondo, già avevi voglia di fare. Il regno di Calamo non ha ancora ufficialmente aperto le porte al guest blogging. Ma nella vita si possono fare due scelte: seguire pedissequamente ciò che già è stato tracciato, prescritto, codificato oppure si può rispondere al proprio estro e seguire il flusso di ciò che succede e prendere messaggi da tutte le cose che continuamente ci parlano e a partire da essi costruire il proprio discorso. Che se scrivi dovrebbe essere sempre un dialogo col lettore. Quindi tutto è partito dai commenti a questo post. Cosa ne è nato? Un paragrafo. Un paragrafo su un post sui lettori demiromantici (se vuoi sapere cosa sono leggi il post, chettelodicoafare). Un paragrafo scritto da chi, nel post precedente, mi aveva fatto venir voglia di iniziare un gioco (gioco che a quanto pare potrebbe far divertire anche altri blogger e i loro lettori). Il paragrafo in questione? Dove si nasconde l’intruso? Vi siete affannati a cercarlo. Come se fosse una “battaglia”. Ma, ehi ragazzi, “fate i libri non fate la guerra“.

I tuoi sotterranei (ti solleveranno)

C’è questo romanzo di Jack Kerouac che si chiama i sotterranei (che trae linfa delle memorie del sottosuolo di un certo Dostoevskij). Un romanzo. Di Kerouac. E poi ci sei tu. Che non sai ancora se è vero che sotto il livello della città, in quella città nella città che apre sulle strade bocche che alitano e ferite coperte da cerotti che sembrano sbarre, se proprio lì, abitano i cuccioli degli alligatori che abbiamo scaricato non necessariamente perché non ci importava di loro. Più perché temevamo ci divorassero. Ci sei tu che hai dentro grattacieli ma li tieni nei sotterranei e allora più che grattare il cielo grattano il soffitto e più che le stelle accarezzano le crepe. Un blog può essere un tombino scoperchiato sulla tua specialità.

Cosa vuoi da… Te?

Blogger in forse, in fieri, in formazione, in fermento. Autori sull’orlo di una crisi di nervi in cui le penne si incrinano e poi si spezzano. E sembra sempre più difficile spiccare il volo. Scrittori che non riescono a sbocciare eppure hanno dentro un campo sterminato che al solo vederlo si leccherebbero i baffi i famosi mangiatori di Van Gogh. Gente che alla scrittura ci ha fatto il callo, letteralmente. E in mezzo ci sei tu. Che a volte vieni qua, ti siedi, e mi racconti un sacco di storie bellissime, le lanci proprio come semi e io le raccolgo e se riesco, se posso, cerco di dirti come li pianterei io quei semi. E provo a dirtelo anche se ti vedo che in quel momento vorresti piantare tutto in asso e limitarti a raccogliere le erbe spontanee che crescono anche a fianco alle autostrade. Per questo ho creato/sto creando le Calamelle.

Amarsi sempre, vedersi mai

Abbiamo iniziato a parlare di Calamarty tempo fa, te lo ricordi? Quest’idea è cresciuta con noi. All’inizio qui c’era solo una pianta. Una pianta che a volte è stata una pianta carnivora, pronta a chiedere il conto dei pasti necessari per farla crescere. A volte è stata una pianta grassa pronta a resistere anche senza troppe cure. Anche tu, che leggi e sei un Calamista, sono certa che sei così. A volte famelico a volte serafico. Capace di sopravvivere con poco ma che per vivere, davvero, dalla sua penna vorrebbe tanto. Dai suoi lettori vorrebbe tanto. Dalle sue parole vorrebbe tutto. Il Calamarty che vorrei, in realtà, somiglia a quando viene il lunapark in città. Hai presente i giochi, le luci, l’eccitazione che si scioglie in bocca come lo zucchero filato, i carretti, l’emozione? Ecco. Una cosa così. Stiamo decidendo insieme come e dove. Anche se la mia idea di rapimenti consensuali per andarsi a rintanare da qualche parte e scrivere fino ad avere in corpo più inchiostro che sangue… Resta sempre valida.

I consigli sono una forma di nostalgia

Sai quella tenerezza che ti si attacca agli occhi come la congiuntivite quando vedi qualcosa di bello e atroce? Si prova questo quando si vede un artista all’opera. Soprattutto se a volte barcolla eppure lo vedi che, talvolta, è proprio quando pensa di essere sull’orlo di un precipizio che lancia in aria stelle che sarà difficile anche per il naturale corso delle cose riuscire a spegnere. Per questo, ultimamente, sto ragionando in termini di “gusti graditi al palato dei Calamisti“.  A me piacerebbe se qualcuno che mi piace mi parlasse di cose che non conosco ma che gli sono piaciute e pensa potrebbero piacere pure a me. E a te?

Dalla foglia al bosco

Sto lavorando a un vaso di Pandora che si chiamerà Komorebi. Perché proprio Komorebi? Perché è la luce che filtra tra le foglie. E io mi sento tanto una foglia che ha trovato altre foglie a cui piaceva sì l’idea di essere parte di un bosco. Ma il bosco volevano sceglierselo. Quando ti ho chiesto se la litbox la volevi fisica o virtuale ti sei spaccato in due. Come a linea che divide in due una foglia. Ma, in qualche modo, me lo aspettavo. Vuoi sapere perché? Perché quando inizi a farti vedere sei una foglia che viene baciata da un raggio di sole. Puoi esserlo anche tu se smetti di rimuginare e ti decidi a sbocciare (puoi, non è scontato. Purtroppo e per fortuna). Prima sei una foglia poi qualcuno ti vede da lontano, controlla sul suo libro sulla natura e riconosce in te qualcosa che vi rende simili, inizia a pensare che forse siete piante della stessa specie. Così nascono i cespugli. A volte chi ha iniziato si incarta. Perché si allontana dalla propria verità. Allora le sue parole diventano spine, le sue relazioni con chi lo legge diventano rovi. E a un certo punto in una distesa di rovi nessuno ci vuole andare più. Altre volte anche le cose più insospettabili diventano concime e tutto cresce come se fosse inscritto nella sua stessa natura di crescere. E in effetti è così. Una volta ho letto in un libro di un bosco malato, infettato, che sembrava bruciare ma non bruciava di un fuoco vero. Bruciava dentro. E si consumava. Io non so esattamente come si possa smettere di bruciare dentro senza scaldare. Di un fuoco che avvelena. Ma ho una teoria: le parole che dici possono accendere chi le sente, le parole che non dici (pur volendole dire) possono divorare con le fiamme te.

8 pensieri su “Scrittura in erba (come, a partire da una pianta, creare una foresta)

      1. Ho appena scoperto che le patate viola si possono chiamare anche “vitellotte” e non mi piace questo nome e quindi non so, voglio loro meno bene.

    1. Siamo tutti un po’ giacinti d’acqua.
      Il mio desiderio, da quando sto nell’acqua coi calamisti come te, è fare in modo che ogni giacinto d’acqua possa trovare il proprio foglio in cui fluttuare.

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